top of page
Immagine del redattoreRaffaele Bergaglio

La contraffazione di griffe del lusso in Italia: breve vademecum estivo per orientare i consumatori



In Italia, la contraffazione è un fenomeno crescente, specie dopo l’avvento delle ultime tecnologie elettroniche, informatiche e digitali, che hanno reso più facile e meno costosa la riproduzione abusiva di marchi, forme e disegni.

La diffusione del commercio elettronico, separando fisicamente il venditore dall'acquirente, ha moltiplicato le possibilità di abusi, fermo restando che le patacche si vendono anche ancora per strada e in spiaggia.

Sul piano giuridico, la contraffazione, oltre a rappresentare un grosso problema per le imprese che operano lecitamente, talvolta può comportare problemi anche per i consumatori, ivi comprese contestazioni di natura penale.

La contraffazione oggi opera su scala planetaria. Di seguito affrontiamo sinteticamente le conseguenze del reato per contraffattori e consumatori in Italia.


Cosa s’intende per il contraffazione

La contraffazione è un reato doloso punito dall’art. 473 del Cp con pene da 6 mesi a 3 anni. Catalogato formalmente tra i delitti contro la fede pubblica, rientra sostanzialmente nell'ambito della tutela della proprietà industriale e intellettuale.

Questa pratica illegale consiste tendenzialmente nella riproduzione e nella vendita di prodotti che imitano il marchio, il design o altre caratteristiche distintive registrate di prodotti di marca, in modo idoneo a generare confusione nei consumatori e a nuocere al generale affidamento. L’attività di contraffare è l’unico elemento costitutivo della fattispecie in quanto non c’è necessità che si verifichi un evento. Non è necessario che il prodotto recante il marchio contraffatto sia giunto al consumatore affinché si configuri il reato. La norma, inoltre, punisce anche il mero uso del marchio contraffatto, senza che sussista il concorso nella contraffazione, condotta che precede l’immissione in circolazione dei beni falsamente contrassegnati.

La contraffazione comprende sia la condotta che porta alla riproduzione pedissequa, ovvero una duplicazione completa del marchio altrui tramite l'uso di un segno contraffatto (contraffazione in senso stretto), sia il caso di imitazione parziale del marchio altrui (alterazione).

La pena prevista è la reclusione da 6 mesi a 3 anni oltre alla multa da 2.500 a euro 25.000 €.

Si ha falso grossolano quando la falsità sia immediatamente percepibile, senza la possibilità di far cadere in errore alcuno.

Esistono anche altri reati satellite, meno gravi, che puniscono fenomeni illeciti simili o collegati.

Con la «vendita di prodotti industriali con segni mendaci» (Art. 517 Cp) si punisce chiunque commerci prodotti industriali, con nomi, marchi o segni distintivi nazionali o esteri, atti a indurre in inganno il consumatore medio sull’origine, provenienza o qualità dell’opera o del prodotto. La pena è la reclusione fino a 2 anni con la multa fino a 2.000 €.

Il caso più comune è quello della condotta ingannevole riguardo al finto «Made in Italy», spesso applicato illegittimamente sui prodotti.

Questa norma trova applicazione solo se non sussiste il più grave reato di contraffazione.

Inoltre, l’articolo 517-ter del codice penale italiano, punisce la fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale, come brevetti, modelli, disegni o  marchi registrati.

In Italia, per giunta, con Decreto legislativo 8 giugno 2001 Nr. 231, è stata introdotta una forma di responsabilità penale per le persone giuridiche, la quale può comportare conseguenze non indifferenti per le società che alimentano la contraffazione. In particolare, l’art. 25 bis lettera f-bis) prevede che per la contraffazione, prevista dal Codice penale all’art. 473, l’impresa sia punita con la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote. L'importo di ogni quota va da un minimo di 258 € ad un massimo di 1.549 €.

Ovviamente quando i prodotti contraffatti vengono scoperti, essi normalmente vengono sequestrati per poi essere sottoposti a confisca penale definitiva. Peraltro, il legislatore si è spinto oltre ed ha previsto anche la confisca amministrativa dei locali in cui vengano prodotti, depositati, detenuti per la vendita i beni contraffatti (art. 17 c. 3, L. 99 del 23/07/2009).


Le conseguenze per il consumatore

Chi acquista beni sapendo di comprare merce contraffatta rischia a propria volta. D’altra parte, anche gli acquirenti, con il loro comportamento, contribuiscono ad incentivare la fabbricazione e il commercio di articoli contraffatti.

Tendenzialmente, chi acquista da un venditore ambulante un articolo griffato ad un prezzo modesto, ben sapendo che non è autentico, non incorre in alcun reato, ma solo in un illecito amministrativo, il quale, però, può costargli ben più del prodotto acquistato abusivamente. Per la legge, infatti, è punito con la sanzione pecuniaria da 100 a 7000 € «l’acquirente finale che acquista a qualsiasi titolo cose che, per la loro qualità o la condizione di chi le offre, o per l’entità del prezzo, inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà industriale» (art. 1, c. 7, D.l. n. 35 del 2005, convertito con L. 14.05.2005, n. 80, modificato dalla L. 23.07.2009, n. 99).

Nelle ipotesi più gravi, però, potrebbero configurarsi anche sanzioni penali, ma questo avviene nei casi in cui il bene contraffatto viene acquistato non ad uso proprio, bensì al fine di essere nuovamente commercializzato a scopo di lucro.

Nello specifico, i casi più gravi possono configurare il delitto di ricettazione (Art. 648 Cp italiano), secondo cui "Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da qualsiasi delitto, o comunque si intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare, è punito con la reclusione da due a otto anni e con la multa da euro 516 a euro 10.329."

La ricettazione implica che l'acquirente sia consapevole della provenienza illecita del bene acquistato. Al riguardo si ricorda che la giurisprudenza ritiene compatibile anche il dolo eventuale (Cass., SU, n. 12433 del 26.11.2009). La Corte di Cassazione afferma che il dolo eventuale nella ricettazione presuppone che l’agente si sia rappresentato la concreta possibilità della provenienza illecita della cosa acquistata, e che possa altresì affermarsi che egli non avrebbe desistito dall’acquisto anche ove avesse avuto la certezza di tale provenienza.

Per la giurisprudenza italiana, non configurano reato quei casi in cui l'acquisto sia destinato ad uso personale e non sia finalizzato al commercio o a scopi di lucro, i quali pertanto, integrano solo la sanzione amministrativa di cui si è detto sopra.

In un caso sottoposto alle Sezioni Unite della Cassazione (n. 22225 del 19.1.2012), l'imputato era stato condannato dalla Corte d'Appello di Brescia per tentata ricettazione di un orologio Rolex contraffatto, dunque proveniente da delitto. La Corte Suprema ha affermato la natura speciale dell’illecito amministrativo, e dunque la prevalenza sul delitto di ricettazione in tutti i casi in cui, ad una condotta penalmente sanzionata si aggiunga, soprattutto se ciò avvenga in tempi successivi, una disciplina normativa che la preveda anche come violazione amministrativa.

In base a quanto previsto dall'art. 9 della L. 689/1981, quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, ovvero da una pluralità di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si applica la disposizione speciale.

Pertanto, nella pronuncia citata, le SU della Cassazione hanno proceduto ad un raffronto strutturale tra il reato di ricettazione (art. 648 Cp) e la violazione amministrativa citata (art. 1 c. 7 del D.l. 35/2005), ritenendo quest’ultima speciale rispetto alla prima. In particolare, hanno evidenziato che il soggetto attivo della ricettazione può essere chiunque, mentre è evidente come il legislatore abbia inteso ritagliare una speciale ipotesi di illecito amministrativo attorno alla figura del soggetto acquirente finale. Quanto all'oggetto materiale della condotta, hanno ritenuto che il concetto di "cose che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l'entità del prezzo, inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà industriale" costituisca una specificazione del concetto di "cose provenienti da un qualsiasi delitto", di cui all'art. 648 Cp.

Ne deriva, secondo la Cassazione, che nel classico acquisto di beni apparentemente attribuibili a note griffe della moda e/o del lusso, debba trovare sempre applicazione la sanzione amministrativa pecuniaria, dovendosi l’illecito amministrativo considerare speciale non soltanto rispetto all’incauto acquisto (art. 712 Cp), bensì anche in relazione alla ricettazione (art. 648 Cp).

Con l’arrivo dell’estate, le spiagge italiane si riempiono di bagnanti e si moltiplicano i venditori ambulanti che offrono prodotti contraffatti, alcuni anche ben fatti. La tentazione di acquistare, ad un prezzo stracciato, la perfetta imitazione della borsa costosa di Louis Vuitton vista in negozio è tanta.

Quali sono, dunque, le conseguenze per chi acquista merce contraffatta alla luce di quanto sopra descritto? Si potrà invocare la scusa “pensavo fosse originale”? Comprare merce contraffatta può implicare conseguenze?

In ragione della giurisprudenza citata, bisogna distinguere tra gli acquirenti occasionali di merce contraffatta, come il bagnante, il turista, colui che acquisti al mercato un oggetto contraffatto per farne uso personale, da colui che compia la medesima condotta a fini commerciali.

Non vi è dubbio che chi acquisti una cintura, uno scialle, una borsa o una cravatta presso un venditore ambulante in spiaggia o per strada, si rappresenti a tutti gli effetti che, avuto riguardo al prezzo, al luogo della compravendita, alla parte venditrice, tale prodotto non possa essere originale, bensì contraffatto. Di conseguenza, è altrettanto chiaro che la condotta dell’acquirente non possa essere inquadrata in una condotta colposa. Ciò si precisa perché esiste anche l’art. 712 del codice penale italiano, contravvenzione, punita a titolo di colpa, che reprime l’incauto acquisto, ovvero «Chiunque, senza averne prima accertata la legittima provenienza, acquista o riceve a qualsiasi titolo cose, che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per la entità del prezzo, si abbia motivo di sospettare che provengano da reato». Si tratta di una contravvenzione oblabile, pertanto estinguibile con il pagamento di una sanzione pecuniaria, siccome prevede come pena l’arresto fino a sei mesi oppure l’ammenda non inferiore a dieci euro.

Di conseguenza, in forza dell’interpretazione giurisprudenziale sopra riassunta, il rischio per chi acquisti merce evidentemente contraffatta, in ragione di una serie di elementi sintomatici, a partire dal prezzo, è quello di incorrere nella violazione amministrativa di cui si è detto, che prevede una sanzione pecuniaria da 100 a 7000 €.

Si configura, invece, il reato di ricettazione, per chi acquista merce contraffatta, senza essere concorso nella contraffazione, al fine della ulteriore messa in commercio di tali prodotti, finalizzata a trarne profitto.

La contravvenzione di incauto acquisto, riguarda, quindi, quelle ipotesi residuali di colui che negligentemente e quindi, a titolo di colpa, acquisti beni senza verificarne la provenienza, quando, considerata la qualità del bene, la condizione di chi lo offre o il prezzo particolarmente basso, sarebbero dovuti sorgere dubbi sulla legittimità della merce.

Come si può notare, in casi di questo tipo il confine con il dolo eventuale è molto vicino, laddove dolo eventuale potrebbe significare la consumazione del delitto di ricettazione o la violazione amministrativa di cui si è detto.

In questo momento, in Italia, l’acquisto occasionale, a fini personali, di prodotti contraffatti, è principalmente inquadrabile nella violazione amministrativa di cui si è detto sopra, la quale, tuttavia, può comportare un esborso da 100 a 7.000 €.



Su questi temi, trovate una mia recente intervista alla nota rivista tedesca Stern:


Commenti


I commenti sono stati disattivati.
bottom of page