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REATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: corruzione, peculato, concussione, turbativa e altro

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Da tempo è in atto una metamorfosi quantitativa e qualitativa del fenomeno corruttivo. La L. 190/2012 ha cercato di rispondere a questa situazione apportando modifiche, in parte criticabili, alla disciplina dei reati contro la pubblica amministrazione (artt. 314 ss. c.p.) e inserendo il reato di corruzione tra privati (art. 2635 c.c.).

 

Con l'intento di approntare un efficace contrasto alla corruzione (artt. 318, 319, 320 c.p.) o all'induzione a dare o promettere utilità (art. 319-quater), il legislatore è intervenuto con provvedimenti volti al rafforzamento dei reati e delle pene.

 

Sul piano della tutela penale delle imprese, con il D.lgs. 231/2001 sono stati introdotti alcuni strumenti di prevenzione idonei ad incidere in modo pratico sulle occasioni di corruzione e sui fattori che ne favoriscono la diffusione, soprattutto in alcuni settori endemici. Nel 2012 è stato introdotto in Italia il cd. Whistleblowing per la tutela del dipendente pubblico che segnali illeciti, mentre nel 2017 è stato introdotto l’obbligo per le società private e pubbliche amministrazioni di attivare al proprio interno canali di segnalazione delle violazioni, di cui uno almeno con modalità informatiche. Tali obblighi sono stati recentemente ribaiti da una direttive UE.

 

Poiché oggi giorno, la corruzione ha superato il suo tradizionale carattere duale e spesso si connota per il coinvolgimento di soggetti ulteriori, destinati a svolgere funzioni di intermediazione e di filtro, il legislatore ha introdotto il reato di “traffico di influenze illecite” (art. 346-bis c.p.). Infatti, il pubblico agente infedele, spesso si impegna non tanto ad adottare un atto determinato, quanto piuttosto a far valere il suo peso istituzionale sul collega competente all’emanazione dell’atto cui è interessato il corruttore, esercitando un’attività di influenza. La prestazione resa dal presunto corrotto a volte non consiste nell’adozione di uno specifico atto amministrativo, bensì in una garanzia di protezione del corruttore nei suoi futuri rapporti con l’amministrazione. Pure la tangente, anziché consistere nella classica dazione di denaro, è spesso occultata da articolati meccanismi di triangolazione, con tutte le conseguenze che ne derivano sul piano probatorio.

 

Le cronache dimostrano che rimane di frequente contestazione del peculato (art. 314 c.p.), basti pensare ai processi scaturiti dalle contestazioni inerenti i rimborsi dei consiglieri regionali di tutte le regioni italiane. Lo stesso vale per la turbativa d'asta (art. 353 c.p.) e per la turbativa del procedimento di scelta del contraente (art. 353 bis c.p.), mentre si discute molto sulla opportunità di mantenere una figura criminosa come l'abuso d'ufficio (art. 323 c.p.), di cui molti contestano l'opportunità.

 

Anche le infedeltà di soggetti aziendali che cagionino un nocumento alla società dietro dazione o promessa di utilità sono ora penalmente perseguite come “corruzione tra privati” (art. 2635 c.c.).

 

Il dilagare della corruzione, anche a livello internazionale, talvolta induce gli organi inquirenti a dubitare ingiustamente di operazioni che poi si dimostrano legittime al vaglio processuale, onde si rende necessario incardinare una buona difesa sin dalla fase delle indagini reliminari. 

 

In un contesto siffatto, l'intuito e l'esperienza di un avvocato penalista esperto, che abbia trattato altri casi di corruzione, turbativa, peculato ecc., appaiono indispensabili sia nell'ottica difensiva, tipica del procedimento penale, sia nell'ottica preventiva relativa alla implementazione dei modelli organizzativi ai sensi del d.lgs. 231/01.

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