Processo Penale
Procedimento penale ordinario, procedimenti speciali, misure di prevenzione, impugnazioni
Riassumiamo di seguito le varie fasi del procedimento penale ordinario oltre ai procedimenti speciali, alle misure di prevenzione e alle impugnazioni, al fine di agevolare la comprensione della procedura nella sua connessione dinamica.
LE FASI DEL PROCEDIMENTO PENALE ORDINARIO DI PRIMO GRADO
Per semplicità espositiva si può dire che un procedimento penale ordinario, durante il primo grado di giudizio, può constare di due o tre fasi: ✓ indagini preliminari, ✓ udienza preliminare e ✓ dibattimento.
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La prima delle tre fasi citate è sempre presente. La seconda e la terza, a seconda del tipo di reato per cui si procede o in ragione della scelta processuale fatta possono mancare.
INDAGINI PRELIMINARI
Soggetti coinvolti:
✓ Pubblico Ministero (PM)
✓ Polizia Giudiziaria
✓ Giudice per le indagini preliminari (GIP)
✓ Indagato, persona offesa e loro difensori
Il motore della fase delle indagini preliminari è il Pubblico Ministero che, coadiuvato dalle forze di Polizia Giudiziaria (Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia di Stato ecc), dopo aver acquisito la notizia di un determinato reato, compie i dovuti approfondimenti investigativi per accertare le modalità di verificazione del fatto ipoteticamente illecito.
Durante le indagini il PM può chiedere al GIP misure cautelari personali (custodia in carcere, arresti domiciliari, obbligo di dimora ecc) e reali (sequestri).
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Pure i difensori, entro determinati limiti, possono compiere indagini difensive nell’interesse del proprio assistito, anche tramite investigatori o altri consulenti.
Se nelle indagini vengono raccolti sufficienti elementi a carico dell'indagato, il PM eserciterà l'azione penale. Diversamente, se al termine della fase delle indagini non vengono raccolti elementi idonei a reggere l'accusa il PM chiederà l’archiviazione.
La fase delle indagini sovente si conclude con la notificazione all’indagato dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari. Sino a quel momento gli atti d’indagine rimangono secretati. Tuttavia, quando vengono compiuti atti d'indagine cui la difesa ha diritto di assistere (si pensi agli accertamenti tecnici irripetibili, al riesame avverso misure cautelari, alla ammissione dell’incidente probatorio), una parte significativa di tali atti viene messa a disposizione dell’imputato sin da subito.
UDIENZA PRELIMINARE
Soggetti coinvolti:
✓ Giudice dell’udienza preliminari (GUP)
✓ Pubblico Ministero
✓ Imputato, persona / parte civile e loro difensori
L'udienza preliminare si svolge in camera di consiglio, quindi senza pubblico. Partecipano necessariamente il PM e il difensore dell’imputato.
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È una fase eventuale, che per alcuni reati meno complessi viene saltata, poiché in tali casi si procede mediante citazione diretta dinnanzi al tribunale. Si tratta, pertanto, di una fase intermedia e soltanto eventuale, prevista per gravi reati, in cui il Giudice dell'udienza preliminare (GUP) vaglia l'idoneità dell'accusa formulata dal PM nei confronti dell’imputato sulla base degli elementi di prova a disposizione.
L'udienza si svolge in camera di consiglio (senza pubblico) nel contraddittorio tra le parti. Al termine dell’udienza, sentita la discussione delle parti, se il GUP ritiene che l'accusa sia infondata o non sia supportata da sufficienti elementi probatori pronuncia sentenza di non luogo a procedere (cosa che al giorno d’oggi accade assai raramente).
Al contrario, quando il GUP ritiene che vi siano sufficienti elementi a sostegno dell'accusa rinvia a giudizio l'imputato, sicché si passa alla terza fase, quella del dibattimento.
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L’udienza preliminare è il luogo privilegiato per la definizione di alcuni procedimenti speciali: il giudizio abbreviato e il patteggiamento.
DIBATTIMENTO
Soggetti coinvolti:
✓ Tribunale (monocratico o collegiale) / Corte d’Assise
✓ Pubblico Ministero
✓ Imputato, parte civile e loro difensori
Nella fase del giudizio si forma la prova nel contraddittorio orale tra le parti, di fronte ad un giudice terzo ed imparziale, che tendenzialmente non conosce gli atti d’indagine svolti dal PM nella prima fase, fatte salve alcune eccezioni. Questo per far sì che i giudici abbiano un approccio privo di preconcetti verso l’imputato e non inquinato in alcun modo dalla tesi accusatoria.
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Durante il dibattimento vengono sentiti pubblicamente i testimoni a carico (tra cui la persona offesa e gli operanti di polizia giudiziaria), i testimoni a discarico, eventuali consulenti delle parti e/o periti nominati dal giudice. In questa fase possono essere acquisiti anche documenti, purché pertinenti rispetto ai fatti per cui si procede. In particolare, il PM e il difensore della parte civile cercheranno di provare mediante testimonianze nonché per via documentale i risultati delle indagini preliminari (1a fase). Il difensore dell’imputato cercherà di provare l’insussistenza dei reati o l’estraneità dell’imputato rispetto ai medesimi.
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L'imputato ha il diritto di essere sentito, ma non è obbligato.
Al termine del dibattimento, esaurita la discussione delle parti, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione o di condanna. Se la parte danneggiata si è costituita parte civile, il tribunale decide anche in merito all’eventuale risarcimento.
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Le sentenze di condanna sono impugnabili.
PROCEDIMENTI SPECIALI
Il processo penale ordinario di primo grado, riassunto ai punti 2 e 3, anziché essere svolto nella maniera ordinaria sopra sintetizzata, può essere definito mediante 6 procedimenti speciali, che costituiscono riti alternativi azionati dalle parti.
GIUDIZIO ABBREVIATO
È un giudizio che si fonda sullo stato degli atti del fascicolo del PM, che consente di evitare il processo penale ordinario. Di solito non prevede l’audizione di testimoni, come avviene invece nel dibattimento (3a fase). Può finire con una assoluzione o con una condanna. È un rito premiale perché, in caso di condanna, la pena è ridotta di 1/3.
APPLICAZIONE DELLA PENA SU RICHIESTA O PATTEGGIAMENTO
Consiste in un accordo tra PM e difensore dell’imputato in merito all’applicazione di una determinata pena, ridotta fino a 1/3 rispetto alla pena che si applicherebbe nel giudizio ordinario (3a fase). Si tratta, pertanto, di un rito che premia l’imputato con uno sconto di pena qualora egli decida di rinunciare al processo patteggiando. È equiparato ad una pronuncia penale di condanna, tuttavia se la pena patteggiata non supera i due anni, di solito si può godere di una serie di benefici tra cui la non applicabilità di sanzioni accessorie (si pensi alla interdizione dall’esercizio di una professione).
GIUDIZIO DIRETTISSIMO
Presuppone che l’indagato sia stato arrestato in flagranza di reato e che l’arresto sia stato convalidato, fattore che consente al PM di presentarlo direttamente davanti al giudice del dibattimento (3a fase) saltando l’udienza preliminare (2a fase). Anche la confessione dell’indagato, a prescindere dalla flagranza, consente di procedere con rito direttissimo. Si tratta quindi di un rito che si basa sull’evidenza probatoria: flagranza, confessione.
GIUDIZIO IMMEDIATO
Anche il giudizio immediato ha la caratteristica di saltare l’udienza preliminare. Si tratta di un rito che si basa sull’evidenza probatoria e presuppone che l’imputato sia stato interrogato sui fatti di cui è incolpato. Può essere chiesto anche dall’imputato, ma nella quasi totalità dei casi è richiesto dal PM in presenza delle condizioni sopra riportate. Può sfociare sia in una condanna che in una assoluzione.
PROCEDIMENTO PER DECRETO
Il procedimento per decreto penale è un rito deflativo del dibattimento (3a fase). Tuttavia l'eliminazione della fase dibattimentale non è sicura posto che l'opposizione al decreto penale può determinare l'instaurazione del giudizio.
Quando il PM ritiene che si debba applicare soltanto una pena pecuniaria, può, presentare al GIP richiesta di emissione del decreto penale di condanna indicando la misura della pena pecuniaria diminuita sino alla metà rispetto al minimo edittale. Pertanto è un rito premiale, poiché prevede sconti di pena.
Il giudice destinatario della richiesta può accoglierla oppure no. Il decreto penale ha la natura di una sentenza di condanna ma anche se divenuto esecutivo non ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo. Oltre alla riduzione di pena, il decreto penale non comporta l'applicazione di pene accessorie oltre ad altri benefici.
MESSA ALLA PROVA
Possono accedere alla messa alla prova gli imputati di reati puniti con la sola pena pecuniaria o con la pena edittale detentiva prevista in astratto non superiore nel massimo a 4 anni nonché per una serie di delitti indicati all’art. 550 c. 2 cpp. La sospensione del procedimento con messa alla prova non può essere concessa per più di una volta ed è esclusa nei casi in cui l’imputato sia stato dichiarato dal giudice delinquente abituale o per tendenza.
Nel richiedere la messa alla prova, l’interessato deve sottoscrivere e onorare durante il periodo di sospensione una serie di impegni. In particolare l’imputato viene affidato all’UEPE per lo svolgimento di un programma di trattamento che preveda come attività obbligatorie l’esecuzione del lavoro di pubblica utilità e l’attuazione di condotte riparative volte ad eliminare le conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato. L’UEPE svolge gli interventi necessari e riferisce al giudice circa l’andamento del programma e il comportamento tenuto dal soggetto. In caso di trasgressione del programma, di rifiuto della prestazione del lavoro di pubblica utilità, di commissione di nuovi reati si procede alla revoca anticipata della misura con contestuale ripresa del processo. Viceversa, decorso positivamente il periodo di sospensione del procedimento, il giudice valuta in udienza l’esito della prova ed emetterà una sentenza dichiarativa di estinzione del reato. Per questo ragione può essere considerato un rito premiale.
MISURE DI PREVENZIONE
Il procedimento di prevenzione è caratterizzato in gran parte da regole diverse dal procedimento penale e per affrontarlo talvolta sembra preferibile accantonare (se non dimenticare) gli schemi classici del diritto penale, finalizzati all’accertamento del fatto e alla eventuale comminazione della corrispondente sanzione, per immergersi in una logica diversa, imperniata sugli effetti del sospetto e sui presupposti prospettati dall’organo proponente.
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Il D.lgs. 159/2011, noto anche come Codice Antimafia (benché riguardi anche fenomeni che non hanno nulla a che fare con la mafia), disciplina le misure di prevenzione personali e patrimoniali adottate per contrastare la criminalità organizzata e prevenire la commissione di reati. Le misure di prevenzione possono essere applicate sia nei confronti delle persone fisiche che nei confronti dei beni.
Il procedimento per l’applicazione delle misure di prevenzione può essere avviato:
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D’ufficio (cioè su iniziativa delle autorità competenti come il Pubblico Ministero o la Questura).
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Su richiesta del Questore, del Prefetto o del Procuratore della Repubblica.
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Su proposta della Direzione Investigativa Antimafia (DIA) o di altre forze dell’ordine, che raccolgono informazioni su attività sospette legate alla criminalità organizzata.
La misura di prevenzione può essere applicata a:
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Persone fisiche: individui che si ritiene siano dediti ad attività criminali o che vivono abitualmente con i proventi di reati, o siano sospettati di appartenere a organizzazioni mafiose.
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Beni patrimoniali: beni mobili, immobili, aziende, conti bancari e altri patrimoni il cui valore sia sproporzionato rispetto al reddito dichiarato o che si ritiene siano frutto di attività illecite.
Una volta raccolte sufficienti informazioni, la proposta di applicazione delle misure di prevenzione viene trasmessa al Tribunale, generalmente il Tribunale delle Misure di Prevenzione, territorialmente competente. La proposta può essere relativa a:
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Misure di prevenzione personali: ad esempio, la sorveglianza speciale o il divieto di soggiorno in determinati luoghi.
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Misure di prevenzione patrimoniali: come il sequestro o la confisca dei beni.
Il Tribunale, in composizione collegiale, valuta la proposta. La procedura prevede:
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Acquisizione di ulteriori prove: possono essere ascoltati testimoni, consulenti, o si possono richiedere ulteriori accertamenti patrimoniali.
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Diritto alla difesa: il soggetto interessato dalla misura ha diritto di difendersi e presentare le proprie argomentazioni davanti al Tribunale.
Il Tribunale, valutate le prove e gli elementi raccolti, può decidere di:
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Rigettare la proposta se ritiene non ci siano sufficienti prove.
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Accogliere la proposta e applicare la misura di prevenzione personale o patrimoniale.
Se il Tribunale accoglie una proposta di misura di prevenzione personale, può adottare misure come:
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Sorveglianza speciale: limitazioni alla libertà di movimento.
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Divieto di soggiorno in determinate zone.
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Obbligo di soggiorno in un comune specifico.
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Obbligo di presentarsi regolarmente alle autorità di pubblica sicurezza.
Se il Tribunale accoglie una proposta di misura di prevenzione patrimoniale può adottare:
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Sequestro: blocco dei beni sospettati di essere frutto di attività illecite.
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Confisca: trasferimento definitivo di beni allo Stato, se si dimostra che i beni derivano da attività illecite.
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Amministrazione giudiziaria: in certi casi, i beni sequestrati o confiscati possono essere messi sotto amministrazione giudiziaria per garantire la continuità operativa, ad esempio di un’azienda.
Le decisioni del Tribunale possono essere impugnate presso la Corte d’Appello. Successivamente, è possibile ricorrere in Cassazione per questioni di legittimità.
Se la misura patrimoniale viene confermata, i beni confiscati possono essere destinati a usi sociali o assegnati ad enti locali, associazioni e cooperative sociali, contribuendo al recupero economico e sociale dei territori.
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IMPUGNAZIONI PRINCIPALI
2° e 3° GRADO DI GIUDIZIO
PROCESSO D'APPELLO
Di solito, il processo d’appello è cartolare, poiché i giudici di secondo grado “leggono” le risultanze probatorie emerse nel giudizio di primo grado, nei limiti delle richieste e dei motivi degli appellanti, senza, di regola, assumere prove. Sfugge, pertanto, ai giudici d’appello l’oralità poiché essi decidono principalmente sulla base delle registrazioni trascritte nei verbali di primo grado.
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In determinati casi i giudici d’appello possono o devono rinnovare l’istruzione dibattimentale. Solo in questo caso hanno un contatto diretto con le fonti di prova. Essi possono confermare o riformare la sentenza di primo grado.
PROCESSO DINNANZI ALLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
In Italia la Corte Suprema di Cassazione è al vertice della giurisdizione. Emette sentenze di terzo ed ultimo grado. Tra le principali funzioni che le sono attribuite vi è quella di assicurare l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge, l'unità del diritto nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni.
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Il ricorso in Cassazione può essere presentato avverso i provvedimenti emessi dai giudici nel grado di appello o in via diretta (saltando l’appello), soltanto in relazione a determinati casi: principalmente violazioni della legge penale o manifesta illogicità o mancanza di motivazione.
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Quando la Corte rileva uno dei vizi summenzionati, ha il potere-dovere non soltanto di cassare la decisione del giudice del grado inferiore, ma anche di enunciare il principio di diritto che il provvedimento impugnato dovrà osservare: principio cui anche il giudice del rinvio, nell’ambito del medesimo procedimento, non potrà fare a meno di conformarsi quando procederà al riesame dei fatti.
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I principi stabiliti dalla Corte di Cassazione costituiscono comunque "precedenti" influenti, atteso che i giudici delle giurisdizioni inferiori si conformano alle decisioni della Corte di Cassazione nella maggioranza dei casi.