In caso di affidamento di lavori o servizi interni alla propria azienda ad appaltatori esterni, il committente ha l’obbligo di promuovere la cooperazione tra imprese diverse e il coordinamento degli interventi di prevenzione dei rischi.
Tale obbligo trova l’unico limite costituito dai “rischi specifici” propri dell’attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi, cui il committente non può provvedere, come stabilito dall’art. 26, c. 3, D.lgs. n. 81/2008.
Molto spesso, negli incidenti sul lavoro, questa norma diventa lo scudo dietro il quale i committenti cercano di schermarsi dalle accuse che vengono loro ascritte nei procedimenti penali.
Secondo la Corte di Cassazione i “rischi specifici” vanno riferiti a regole che richiedono una specifica competenza tecnica settoriale, generalmente mancante in chi opera in settori diversi: procedure da adottare in singole lavorazioni, utilizzo di speciali tecniche o speciali macchine ecc..
Per queste ragioni, ad esempio, non sono stati considerati rischi specifici quello legato a cadute dall’alto, quello inerente il movimento dei lavoratori che operano nello stesso spazio, quello relativo ad un malfunzionamento di un cancello ed altri generalmente prevedibili e, come tali, evitabili.
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